Mucho Mas! è un’artist-run space a Torino, fondato da Luca Vianello e Silvia Mangosio. Inaugurato nel febbraio 2018, è nato dalla volontà condivisa di favorire nuove connessioni e riflessioni sullo sviluppo dell’ambito della fotografia contemporanea sperimentale. 
Promuove iniziative culturali e altre attività che contribuiscono a diffondere, apprezzare e valorizzare la fotografia e l’immagine, sia a livello locale che internazionale. Mucho Mas! espone artistə italianə e internazionali la cui pratica artistica è focalizzata nella rielaborazione visiva dei linguaggi del presente.



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It’s Coming, It’s Here.

Emanuele Argentieri, Filippo Comandi, Emma Galanti, Eni Kuqi, Volga Sisa e Flavia Spasari


Opening 17 giugno 2025
— ore  18.30



Mucho Mas! è lieto di presentare la mostra collettiva “It’s Coming, It’s Here”, con opere di Emanuele Argentieri, Filippo Comandi, Emma Galanti, Eni Kuqi, Volga Sisa e Flavia Spasari. 
Da sempre attento alla promozione delle ricerche emergenti, Mucho Mas! si propone come spazio di sperimentazione per giovani artisti italiani. Negli ultimi anni ha avviato un percorso di indagine sul territorio nazionale, attraverso attività di formazione, scouting e collaborazione, con l’obiettivo di intercettare e valorizzare nuove pratiche artistiche contemporanee. 

“It’s Coming It’s Here” si inserisce in questa visione: una mostra che offre uno spaccato delle direzioni possibili della giovane arte italiana, restituendo la complessità e la ricchezza di approcci, linguaggi e urgenze espressive presenti oggi sul territorio. Il progetto è stato realizzato con il supporto di Filippo Maggia, professore del Laboratorio Avanzato di Arti Visive presso lo IUAV di Venezia. “It’s Coming It’s Here” è una mostra collettiva di giovani artisti che nasce dalla volontà di dare spazio a una pluralità di sguardi sulle trasformazioni intime, sociali, culturali che attraversano il presente. Ogni artista è invitato a presentare un solo lavoro, concentrando l’intensità della propria ricerca. Queste opere, pur autonome, si richiamano tra loro, tracciando traiettorie che parlano di voce, corpo, amore, tecnologia, natura, memoria, perdita e metamorfosi. 
La collettiva gioca sulla sovrapposizione tra ciò che sta arrivando e ciò che è già presente: una tensione tra attesa e manifestazione, tra potenziale e reale. I lavori esposti non illustrano un tema, ma condividono un’attitudine: sono antenne sensibili rivolte al presente, capaci di cogliere segnali che spesso sfuggono allo sguardo distratto. In ciascuna opera si avverte qualcosa che cambia, un equilibrio che si rompe, una forma che si trasforma, una voce che si libera o si trattiene. Come una soglia, un invito a riconoscere i segni di ciò che emerge, si trasforma, si afferma. È il tentativo di dare forma a un tempo nuovo, che non è più solo in arrivo ma qualcosa si incrina, cambia forma, si annuncia, si rivela. 

Emanuele Argentieri - I’m sorry
Non posso parlare. Sto pulendo con le mani e con il fuoco il tempio nero che avevo costruito per difendermi. Brillerà. Mi sono reso cieco. Ho perso tempo, ho perso la testa. All’inizio fai finta. Ecco assaggia. Stenditi, stai in silenzio. É così che preghiamo? Troppo luminoso e poi troppo debole, troverai sempre ragioni per cui avere paura. Sono pronto per giocare. Quando balliamo? Non mi vergognerò. Mentre giro, cresco, abbracciando il fallimento. Stai bene ora, non combattere. E piango parole che non hanno senso per me, né per loro. Mamma non riesco a vedere, ho perso la voce, ho bisogno di indicazioni. Mi chiedo cosa mostrerai. Mi dici cos’è sbagliato. Ma cos’è giusto? Il cambiamento è così pieno d’amore. E ti svegli per affrontare il tuo cambiamento. Tu chiedi, è qualcosa che non sono più? Sono io sbagliato? Scegli quello che vedi. Non chiedere. 

Filippo Comandi - Myriad Truths
Myriad Truths riflette sul rapporto tra uomo e macchina, partendo dall’idea che oggi sia la tecnologia a creare l’uomo, non il contrario. Utilizza video di incidenti sul lavoro rallentati e riavvolti per trasformare la distruzione in un’apparente rinascita. Il gesto tecnico del reverse diventa simbolico, negando la morte e suggerendo una nuova lettura del progresso. Mette in discussione il ruolo umano in un sistema produttivo dove la macchina domina. Si interroga infine su chi sia il vero creatore: l’uomo o la tecnologia. 

Emma Galanti - Beneath Their Silence
In Beneath Their Silence il regno vegetale è riconosciuto come struttura portante della nostra esistenza culturale e biologica. L’opera, che si compone di una serie di moduli di legno a imitare il funzionamento delle piante, diventa matrice della nostra immaginazione: un articolarsi di ombre vegetali accolgono immagini artificiali della vegetazione stessa, che l’uomo ha prodotto nei secoli nel tentativo di comprenderla, possederla, mitizzarla. Le ombre sono una concessione silenziosa di protezione, quindi una possibilità di osservazione, e invitano a considerare non solo cosa vediamo, ma anche da dove guardiamo.

Eni Kuqi - ZAR93900007063047 
ZAR93900007063047 nasce da un processo di raccolta all’interno di automobili dismesse. Oggetti trovati nei vani dimenticati delle vetture che vengono archiviati in busta sottovuoto e catalogati secondo il numero di telaio del veicolo. Accanto al sacchetto, una scheda tecnica descrive la posizione precisa degli oggetti rinvenuti e ne propone una classificazione. A questa si affianca un testo , in cui l’artista ricostruisce un legame personale con ciò che ha trovato, oscillando tra azioni di indagine e coinvolgimento. Nel gesto dell’archiviare, ciò che è stato scartato acquista una nuova dignità visiva: ogni frammento si trasforma in traccia.

Volga Sisa - Celitos No
In festività come San Valentino l’amore viene solitamente celebrato con regali come fiori e peluche che simbolicamente rimandano alla purezza e alla dolcezza del sentimento nei confronti del partner. Tuttavia, queste celebrazioni spesso si inseriscono in dinamiche di coppia eteronormative disfunzionali, segnate da gelosia, squilibri di potere, possessività, fino ad arrivare in molti casi alla violenza e al femminicidio.Che valore ha una celebrazione dell’amore quando “l’amore” stesso è viziato da dinamiche di controllo e abuso?

Flavia Spasari - Oh my little shiny voice...
“Questo gioiello” si inserisce in una riflessione sulla dizione come postura linguistica normativa. In questo senso, l’espressione verbale è trattata come una porzione anatomica da disciplinare. Lo strumento tutore, come una protesi, modella la voce, ne modifica l’origine espressiva e la rende conforme a un’idea di neutralità e ideale fonetico. Un gioiello in argento, dalla forma correttiva, orna e insieme blocca, costringe. Il volto viene adornato da un impedimento. Il corpo vocale si plasma nella relazione con l’orecchio egemonico. Il dispositivo scultoreo, nella sua forma ambigua, fra gioiello e costrizione, esprime questa ambivalenza: abbellirediventa disciplinare.“Oh my little shiny voice”è un’invocazione ironica e tenera alla voce addomesticata.
© Mucho Mas! Artist-run Space — info@muchomas.gallery — Corso Brescia 89, 10152, Torino, it